Ricordo della morte – Miguel Bonasso

“… e non v’era cosa su cui posare gli occhi che non fosse un ricordo della morte.” Questa, l’epigrafe da Francisco de Quevedo che precede il libro e ne evoca tutta la drammaticità. Appassionante storia di spionaggio, rigoroso romanzo storico, thriller in cui sì intrecciano sinistramente il poliziesco e il politico. Ricordo della morte è indubbiamente uno dei libri più interessanti dei nostri tempi, paragonabile a La Tamburina di John Le Carré e all’Orchestra Rossa di Gilles Perrault. Freddo e appassionato insieme, Bonasso racconta solo di fatti realmente accaduti – e allucinanti – ai quali ha spesso assistito di persona, e lo fa con la tensione del grande narratore. Da una parte, il piano dei servizi speciali della Marina e dell’Esercito argentini per sterminare tutti i dirigenti montoneros, e dall’altra la storia – a tratti incredibile – di uomini costretti a sopportare un’atroce tortura fisica e psicologica, e pure capaci di sopravvivere: il Nariz, che convoca una conferenza stampa internazionale in occasione dei Mondiali di calcio; Tulio Valenzuela, che dopo essersi rifugiato in Messico denuncia da quel paese la drammatica situazione argentina; Jaime Dri, il Pelado, la cui figura è il filo conduttore del romanzo, che riuscirà a fuggire in circostanze rocambolesche nel Paraguay. E lo stesso Miguel Bonasso, che compare a tratti nella narrazione per testimoniare delle sue personali esperienze. Ma la parte forse più interessante del libro è la gigantesca operazione che viene organizzata e condotta a termine (anche questa reale, ma narrata sul filo del suspense più puro), utilizzando cinicamente proprio quegli uomini chiusi nelle carceri e destinati al plotone di esecuzione. Una storia per fare pensare, ma anche un libro di grande leggibilità.

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